Nel Quattrocento ha origine il significato moderno di «villa» che genericamente può essere indicata come una tipologia abitativa ampia ed elegante, circondata da un giardino o parco più o meno estesi.
Il prototipo della “villa” è più antico, risale all’epoca romana, che era insieme centro di organizzazione agricola e luogo di svago. Il carattere rurale di queste residenze si perde nel Medioevo con il prevalere delle fortificazioni, dovute alle impellenti necessità difensive di quei tempi.
Nel XV secolo i castelli e le varie residenze fortificate cominciano a perdere i connotati di puri e semplici luoghi di difesa per modificarsi, ad esempio, nelle più ariose strutture dei casini di caccia.
Una delle caratteristiche dell’architettura delle ville è il riuso di edifici preesistenti. Il problema della trasformazione degli spazi è risolto a volte con un mascheramento totale, che non implica però la completa distruzione (rara sia per motivi economici che di fedeltà storica).
Eredi naturali dei casini di caccia sono le piccole «ville di delizia» cinquecentesche, che abbinano il recupero delle parti storiche a nuovi spazi, con ampie stanze e numerose logge.
La villa seicentesca sviluppa valenze architettoniche recanti un gusto accentuato per il monumentale. L’edificio diventa imponente e le ricche decorazioni solitamente esaltano le imprese e le virtù della famiglia. Ad alleggerire i fasti delle ville, nascono i leziosi giardini all’italiana, la cui moda prosegue fin nel pieno Settecento. Purtroppo questa moda verrà sostituita (e causerà perdite gravi) dalla predilezione per il giardino romantico all’inglese. Non si tratta solo di una mera differenza di stili: al giardino razionale, simbolo del dominio dell’uomo sul cosmo, subentra il parco come contemplazione della natura «selvaggia», una sorta di ritorno allo stato di natura teorizzato da Rousseau.